Fox

Il virus che guarisce l’arte.

Ho vissuto varie “quarantene” nella mia vita. È uno stato di cui ogni tanto sento la necessità, mi isolo dal mondo, mi riconnetto solo a me stessa, e di solito poi, creo.

Stare a casa in questa situazione, quindi, non mi sta creando particolari disagi. Mi sono anche ammalata, mi è andata completamente via la voce. Dovendo stare ferma e zitta, così mi sono messa ad osservare.

Quante volte l’umanità ha dovuto sopravvivere a epidemie letali? Tante e di sicuro senza le comodità di oggi. Quindi non solo sono certa che ce la faremo, ma penso anche che, come tutti gli ostacoli, questo momento sia una grande opportunità di miglioramento per l’umanità, per il sistema e per il pianeta stesso (che ne sta già iniziando a giovare).

E quindi inizio da me. Una persona sola non può certo cambiare il Mondo ma ognuno di noi ha qualcosa da apportare al Mondo. Mi concentro sui lati positivi che la vita offre, anche e soprattutto, quando non è facile.

È bello vedere come in questi giorni difficili, finalmente, l’arte e la cultura stiano riprendendo parte fondamentale della vita. Si canta dai balconi, si suona, si colora. Perché l’arte fa parte dell’essere umano, è vita ed è dentro di noi.  

E questa è una grande ed enorme presa di coscienza in una società malata in cui il tempo non è più nostro, si vive per lavorare e mediamente,  nei piccoli lembi di tempo libero, l’attivià maggiore è il consumo frenetico di cose inutili per evadere dallo stress di un lavoro evidentemente alienante.

E da freddi zombie vaganti nei centri commerciali, siamo diventati umani uniti nella speranza che cantano insieme.

Siamo protagonisti di un cambio senza precedenti nell’era moderna, in cui siamo portati a riflettere e porci nuove domande sul cosa davvero importa e cosa no. Quanto vale ora un’abbraccio? Quali sono le sicurezze? Siamo felici di come stiamo vivendo la nostra vita? Di cosa abbiamo davvero bisogno?

La vita e la felicità in fin dei conti sono semplici e alla portata di chiunque. Lamentarsi ora perché costretti a stare a casa, magari con i propri cari, mentre tante persone nello stesso istante sono sole, intubate, aspettando sofferenti di scoprire se guariranno o no..è indegno e, lamentarsi in ogni caso, non apporta nulla al Mondo. Appesantisce ulteriormente.

Cosa possiamo fare quindi? Diventiamo più responsabili della nostra salute fisica ed emozionale, condividiamo sorrisi e belle parole, impariamo a meditare sempre più profondamente, cantiamo, leggiamo, impariamo, dipingiamo, danziamo. Celebriamo la vita per il dono meraviglioso che è ogni giorno.

arte

Più che mai è un buon momento per essere grati alla vita e di ciò che ogni giorno ci regala, perché nulla ci è dovuto e questa è una buona occasione per imparare a non dare nulla per scontato.

Personalmente sto passando questi giorni dedicandomi pienamente a ciò che più amo: l’arte. Concedendomi anche qualche distrazione ma libera dai ritmi massacranti della “vita ordinaria” che tanto si sta rimpiangendo. Una vita in cui ci hanno ormai convinti che è giusto, bello e normale impiegare le giornate in frenetiche corse da un’attività all’altra che ci tengano sempre ben lontani dal nostro (fantastico) mondo interiore.

Io la sto vivendo così.

Quindi io non spero che andrà tutto bene, io spero che andrà tutto meglio 🙂

 

PS: Accodandomi alle belle iniziative di condivisione di questo periodo ho preparato le illustrazioni degli animali guida da colorare (per chi ha la possibilità di stampare), appendere e contemplare. Inviatemi un’email per ricevere il vostro animale Totem!

3ANna2019

Il mio 2019: l’arte dentro

Questo 2019 è stato molto intenso. L’ho passato prevalentemente studiandomi. Mi sono presa il tempo di vivere me. Le mie emozioni, i miei stati d’animo, i miei respiri, i miei vuoti, paure, tristezze, desideri, gioie. E la mia arte.

Ho tolto il superfluo e ho solo voluto sentire me. Io individuo, io donna, io tutto.

In questo mondo rumoroso, in questa società piena di doveri, in questa realtà social #tuttifelici e sorridenti spesso non è facile sentirsi, capire dove finisco io e iniziano gli altri, se un problema è davvero mio o è un problema tuo, se un desiderio è il mio o se me l’hanno messo in testa gli altri.

Via tutto.

 

Prima fase: l’arte fuori.

Dopo il Messico sono tornata nella mia Terra, a Cagliari, carica e volenterosa di divulgare e condividere le svariate attività artistiche che ho vissuto, appreso e sviluppato in America.

Ho iniziato riversando le forti emozioni del mio viaggio sulle tele e realizzando una mia mostra personale in un bellissimo spazio in centro, creando un percorso in cui il pubblico potesse vivere il mio percorso artistico.arte

Una mediocre affluenza ma con l’assurda assenza dei galleristi, curatori, e gli altri artisti che non si sono presentati. Sono quindi tristemente tornata alla realtà sarda in cui i 4 gatti che la abitano si fanno la guerra tra loro, non si collabora e si continua a restare indietro anni luce.

E va beh, stendo un velo pietoso sull’accaduto, mi rimbocco le maniche e mi accingo allo sviluppo di altri progetti.

Scrivo alle pro loco, invio proposte atte al miglioramento dei paesi, progetti di opere murarie, laboratori di arte terapia per bambini e anziani. Bellissimi progetti, utili, sostenibili ed economicamente realizzabili.

Dalla valanga di proposte ho ricevuto due risposte: un pollice alzato (giuro) e un altro sterile ma onesto “non siamo interessati”.

L’arte qui non interessa. L’arte è qualcosa di superfluo, strano, complicato da comprendere magari. Perché solo i curatori possono criptare i segreti dell’arte e dire ai poveri babbani cosa è arte e cosa no, cosa vale e cosa no.

Di conseguenza, un comune mortale perde la capacità di valutare e scegliere da solo cosa ammirare e, non sia mai, di acquistare!

Si compra solo se ha millemila visualizzazioni, se è di moda, se gli altri pensano che è fichissimo insomma.

E quello che pensi tu? E quello che senti tu? Questo punto si è perso.

 

L’introspezione.

Purtroppo e per fortuna sono munita di forte empatia ed estrema curiosità che mi porta ad osservare costantemente ciò che mi circonda e vedo (e sento) eserciti di mummie apatiche che passano la vita lavorando per far soldi per comprare cose che gli altri trovano cool.E più sono cool e più costano. E più costano, più ce l’hanno tutti e più… sparisco. Fuori e dentro. arte

Ma è tutto così, l’industria dell’arte dice che cosa ha valore e cosa no, la pubblicità ci illumina su milioni di necessità che non abbiamo, gli influencer sui vestiti che dobbiamo comprare, gli hastag su quello che dobbiamo fotografare!

Un gran chiasso di vuoto. Ed è stato qui, dunque, che mi sono rintanata in me. Non è stato facile ma mi sono trovata, ed è stato bellissimo.

Non ho più scritto sul mio blog, non ho più organizzato esposizioni, non ho più cercato di essere notata e ascoltata.

 

Vivi di arte?

Ho sempre viaggiato tanto ma è sempre e solo qui, in Italia, che le persone mi chiedono se l’arte è il mio lavoro.

Custodiamo il 70% di patrimonio artistico MONDIALE… ma proprio qui l’arte è vista come una cosa strana, essere artisti è strano.

In effetti un po’ strana lo ero, volevo essere capita da persone che io in primis non capisco.

In Sardegna poi peggio che mai. Essendo nata qui ho sempre avuto a cuore questa meravigliosa isola cercando di apportare qualcosa di nuovo, bello o utile ma è sempre stata, per lo più, un’estenuante lotta contro il nulla.

Quindi basta.

In realtà ho capito che non ho a cuore questa terra più di altre, il mondo è un unico meraviglioso luogo e, ora più che mai posso testimoniare che l’arte è assolutamente una necessità umana che smuove sensi, emozioni, intelletto, corpo e anima.

E penso sia compito di ognuno di noi scoprire la propria arte.

Così ora a chi mi chiede se l’arte è il mio lavoro rispondo di no. Non è un lavoro e non è un hobbie, l’arte è il mio stile di vita, l’arte è dentro me.

Per lavoro disegno e dipingo. Creo immagini con l’intento di condividere il mio mondo interiore, sollecitare le emozioni altrui e offrire una vibrazione animica a chiunque si dia l’opportunità di vedere e contemplare la bellezza.

 

 

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Arteterapia con i rifugiati latinoamericani.

Negli ultimi mesi il Messico è stato invaso da varie carovane di emigrati, di cui la maggior parte proviene dall’Honduras.

Alcune organizzazioni si occupano di loro, di accoglierli, regolarizzarli e sfamarli in primis e, non meno importante, organizzano attività ricreative e formative atte all’integrazione e all’educazione.

Una di queste attività è l’arte terapia. Ho avuto il grande piacere, insieme ai miei colleghi Nery Muñoz e Ivan Ocaña, di poter lavorare ad alcuni murales comunitari integrando all’attività gruppi di rifugiati.

Un progetto che mi è piaciuto particolarmente è stato quello in cui abbiamo dipinto il muro esterno di un Hotel, in quanto era decisamente misero e scadente ed ormai utilizzato proprio come centro accoglienza.

Il quartiere è proprio dietro il caotico mercato popolare, ugualmente decadente e malfamato, la sera soprattutto diventa pericoloso circolare per le strade.
Infatti io e i miei colleghi lavoravamo di giorno ovviamente e abbiamo “solo” avuto varie visite da qualche alcolizzato ed assistito a una cruenta rissa tra due ragazze che, apparse all’improvviso, si sono letteralmente picchiate a sangue.
Tutto ciò non è stato per niente carino dato che il tema del murale e di tutto il lavoro era centrato sulla settimana contro la violenza sulle donne…

Infatti il muro l’abbiamo preparato e dipinto insieme ad un gruppo di sole donne, migranti da Paesi diversi, ognuna con la propria difficile storia.

Molte di loro hanno camminato giorni e giorni in cerca di salvezza, rette dalla speranza di una vita migliore; qualcuna è dovuta scappare abbandonando la famiglia, quelle con bimbi hanno camminato con i loro piccoli al seguito, alcune incinta e altre completamente sole..

Il mio lavoro è stato quello di riunire questo gruppo di povere donne stanche e distrutte dagli eventi e lavorare con loro per creare il progetto del muro, integrandole alle varie fasi del processo creativo: dall’idea all’esecuzione. È stato bellissimo vedere come, in una situazione così drammatica, poco a poco gli animi si siano accesi, incuriositi e stimolati.

Sentirsi utili e parte di un progetto artistico le ha rallegrate, l’obiettivo comune le ha tenute occupate, unite e decisamente di un ottimo umore, specie considerando la situazione.

Il progetto è durato 15 giorni, le migranti erano in una situazione di passaggio in cui erano accolte per avere il tempo di organizzare i documenti per regolarizzare la loro presenza in Messico, quindi alcune nel frattempo andavano via, altre invece arrivavano.

Sono stata orgogliosa di lavorare con loro, siamo riuscite nonostante tutto a formare un bel gruppo collaborativo, è stato uno stimolo per socializzare e diminuire notevolmente lo stress, ho visto i loro volti rilassarsi migliorando giorno dopo giorno. Le ho viste ridere e scherzare e questo è stato davvero impagabile.

Nel muro abbiamo dipinto una mamma abbracciata alla sua bambina, adornate dalla luna, una casa e coperte colorate. Una scena notturna, un rifugio in un cammino oscuro ma, come titolo e frase del murale abbiamo scelto “el sol sale para todos” il sole sorge per tutti. Parole scritte da una ragazzina con cui abbiamo sviluppato l’idea del messaggio del muro  richiamando speranza e uguaglianza.

Abbiamo poi lasciato degli spazi liberi in cui le rifugiate potessero scrivere i loro nomi o alcune frasi e lasciato spazio anche ad alcuni bimbi che si sono adoperati felici.

In parallelo, il mio collega Ivan ha lavorato con un gruppo di uomini facendo un laboratorio di serigrafia e, per chiudere l’attività, i ragazzi hanno creato e regalato una maglia per ogni rifugiata.

Abbiamo chiuso in bellezza mangiando tutti insieme con la musica a tutto volume (che in Messico non manca mai <3). È stato molto bello, un lavoro che mi porterò sempre nel cuore, un esperienza umana e artistica che mi ha arricchito tanto.

L’arte che unisce i cuori e aiuta ad abbattere le barriere (in questo caso anche le frontiere), lasciando andare per un po’ le preoccupazioni ma non facendo finta che non esistano, semmai abbassando molto i livelli di stress e paura grazie al sentirsi accolti e parte di qualcosa di bello.

 

Ulteriori approfondimenti: https://www.unhcr.org/news/stories/2019/1/5c41fa414/central-american-women-find-safety-strength-mural-painting.html